Viviamo un anno di ricorrenze; Space Invaders compie quarant’anni, ma risalire agli albori sarebbe fin troppo semplice e non renderebbe pienamente l’idea dello scorrere del tempo. Ciò che mi fa sentire più vecchio e decisamente più legato a quello che non è più ufficialmente un “nuovo medium” è pensare che Braid compia dieci anni nel 2018 o che Turok 2 e Metal Gear Solid ne portino sulle spalle venti, quest’anno.
Ve la ricordate l’intro del primo Metal Gear?
Ecco come sarebbe oggi sotto Unreal Engine 4, tutto fanmade
Ricorrenze. Ottime occasioni per festeggiare, rimembrare che manco le bacche di South Park, rifugiarsi in un passato acerbo ma emozionante. Finita la ricorrenza, salutati gli ospiti e rassettata casa, tocca fare i conti con se stessi, con quello che ci ha lasciato un altro anno trascorso. La certezza che i videogiochi siano da sempre parte integrante della nostra vita, per dirne una (certo non per tutti, ma se state perdendo tempo a leggere queste due righe capirete). Il pensiero che molti dei nostri migliori ricordi siano legati a giornate passate in compagnia di amici e qualche titolo multiplayer, oppure al fianco della compagna di una vita ad emozionarsi giocando a qualche titolo poetico o sperimentale. Oppure ancora in una solitaria esplorazione di mondi digitali, ottimi rifugi dalla noiosa quotidianità.
Siamo cresciuti e maturati, come i nostri genitori prima di noi. Loro in compagnia di Pippo Baudo, Mike Bongiorno e Corrado, noi affiancati da drogatissime sfere gialle mangia-pasticche, altrettanto drogati idraulici circondati da funghi che permettono di vedere draghi verdi, impizzatissimi porcospini che dopo una botta di polvere di stelle corrono come non ci fosse un domani. Anni ne sono passati tanti e il nostro passatempo è maturato con noi, trasformandosi da attività di nicchia praticata da pochi, denigrata e demonizzata dai più a… fiorente mercato in grado di fornire copioso materiale per un blog come Containerd! Ma a che prezzo?
ECCO COME LE ZOZZERIE MI HANNO ROVINANTO L’ESPERIENZA DI GIOCO IN DARK SOULS
SNK: HEROINES E’ UN GIOCO PER PERVERTITI
IVY DI SOUL CALIBUR NON MI RAPPRESENTA
RIOT GAMES (e qui ci potete veramente mettere di tutto)
Questi alcuni titoli di articoli, stralci di recensioni o news riguardanti l’industria dei videogames. Tradotti male, parafrasati, riassunti, ma riportanti un unico grande concetto; stiamo rasentando la follia!
PERVERSIONE DELLE ANIME OSCURE
Nonostante nella serie Dark Souls ci si debba confrontare con le poppe più grandi e maestose mai viste, il problema che Ario Elami sviscera sulle pagine di Kotaku è un altro; questo giovane, casto e puro ragazzo lamenta la presenza di “graffiti” volgari!
Certo, il gioco permette una limitata scelta di espressioni da lasciare sparse per il mondo ed è quindi richiesta una certa immaginazione per interpretarle come volgarità a sfondo sessuale. Certo il sistema di messaggi è più un riempitivo che un elemento di gioco preponderante, essendo peraltro attivo solo se ci si connette. Certo,dopo aver letto i primi due messaggi, convinti di trovare indicazioni utili su come proseguire, e avendone percepito la totale futilità, non te li caghi più per le successive migliaia di volte che morirai e ricomincerai nell’intento di finire il gioco. Ma Ario Elami ci è andato sotto ed è rimasto pesantemente turbato, è quindi giusto che ci faccia sapere come secondo lui delle scritte preimpostate equivalgano a dei cazzi disegnati su un treno e come i PNG femminili debbano potersi difendere dai soprusi anche fisici dei giocatori, piuttosto che subire. PNG. Personaggi Non Giocanti. Reagire. Ario, sarei tentato di mandarti affanculo, ma non vorrei che la cosa ti causasse scompensi….
PERVERSIONE SHIN NIHON KIKAKU
NADYASONIKA ONLINE
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Va sempre così! Non fai in tempo ad esaltarti per una buona notizia, tipo l’annuncio della femminilizzazione di Terry Bogard in occasione dell’uscita di SNK: Heroines, che arriva qualcuno a rovinare la festa. Ci pensa Geoffrey Tim nella sua attenta e minuziosa recensione; in verità il Re Geoffrey della tastiera si sbilancia in un approfondimento tecnico sul gioco, ma se l’esordio della tua recensione è il seguente:
SNK Heroines: Tag Team Frenzy looked like a terribly pervy fighting game featuring scantily clad renditions of the girls and women from various SNK fighting games past.
Il sospetto che tu non abbia colto in pieno la natura fanservice del prodotto e lo stia recensendo al pubblico sbagliato, sul portale sbagliato e nel modo sbagliato, mi viene. Infondo tutto fa brodo, che differenza vuoi che faccia un articolo in più che demonizza la sessualità velata nei videogiochi?
PERVERSIONE LAVORATIVA
Mai sentito parlare di Riot Games? Magari no, ma grazio al loro League of Legends sono riusciti a conquistarsi una grossa fetta di mercato e ottenere il primato di gioco più giocato in America e Europa nel 2012. Per quale altro motivo dovreste conoscer Riot Games? Magari per i siti di news che quest’anno hanno parlato di loro in un articolo su cinque, cavalcando l’onda dello scandalo sessuale nato dal seguente approfondimento di Kotaku per mano di Cecilia D’anastasio (hmmmm, l’ho già sentita nominare…. ah sì, quella che non si riconosce in Ivy di Soul Calibur!):
Che non mi si fraintenda. L’articolo è uno scritto d’inchiesta ottimamente redatto e strutturato, duro lavoro di una giornalista impegnata che parla delle esperienze di dipendenti impiegate in un’azienda all’80% maschile, operante in un settore completamente e volontariamente maschilista.
Il concetto di donna che conta un cazzo, mica solo in Italia…
Come sempre in questi casi si corre ai ripari approntando gli accorgimenti più semplici ed immediati, piuttosto che sfruttare l’opportunità per aprire un dibattito serio e onesto; Riot Games non esce allo scoperto difendendo il suo operato e il suo ambiente, sceglie di modificare le basi del suo lavoro e darsi in fretta una ripulita, a partire dalla loro nuova “mission“:
“For the past three weeks, we’ve been focused on listening and learning. As a company, we’re used to patching problems ASAP, but this patch will not happen overnight. We will weave this change into our cultural DNA and leave no room for sexism or misogyny. Inclusivity, diversity, respect, and equality are all non-negotiable. While there is much to improve, there is a tremendous amount of good at Riot that will drive this change. This is our top priority until we get it right.”
Bandiranno parole come “gamer” e “meritocrazia”, lotteranno per i diritti degli omosessuali, creeranno spazi appositi per tutti i non-maschi che al PAX 2018 vorranno partecipare alle loro attività mirate:
Ad ogni modo il problema di fondo non è di Riot Games che si difende da un articolo che, per quanto approfondito, rimane fine a se stesso. Né di giornalisti troppo sensibili che vedono sessismo in ogni dove o lo combattono in titoli dichiaratamente realizzati per una specifica fetta di mercato. Il problema è che oggi il medium videoludico parla ad una vasta, eterogenea e variegata platea, ma non è ancora pronto a farlo:
Abbiamo quarant’anni, vogliamo dall’intrattenimento che ci ha accompagnati fino a qui i contenuti maturi che ci offrono alcuni film, serial TV, libri o brani musicali. Eppure rimaniamo sbalorditi da un bacio saffico mostrato in un trailer di gioco durante l’E3. Nel mentre, l’industria che dovrebbe gestire questa varietà di contenuti si perde in un bicchiere d’acqua, diventando e riconfermandosi valvola di sfogo per le accuse e gli sfoghi più disparati.